Ricordo ancora quando ho attraversato il confine tra il Perù e la Bolivia, nel mio viaggio di qualche anno fa.
Dopo aver fatto un bel pezzo in macchina, mi sono ritovata in prossimità del confine che divide i due Stati sudamericani.
Di certo le mie aspettative erano ben diverse…
Il lato peruviano
Arrivo dalla parte perviana e mi sono ritrovata in mezzo a un nugolo di persone indaffarate.
Ci sono donne che masticano chewing gum e stanno sedute ai loro banchetti in attesa di un acquirente.
Indossano la loro classica bombetta in testa, segno distintivo della popolazione aymara.
Altre donne trasportano carretti carichi di mattoni o altri materiali molto pesanti avanti e indietro.
I bambini, tanti, sono lasciati per lo più a se stessi con il naso gocciolante, un frutto in mano e null’altro.
Sueprato questo gruppo fitto di persone la strada si libera e quasi nessuno si trova sul ponte prima di arrivare al confine.
Proseguo camminando lasciando dietro di me la confusione.
Passo vicino ad un derelitto steso che aveva con se forse tutto quello che possedeva, in direzione di quella che sembra un’altra dimensione.

Il confine
Quasi come fossi l’unica persona in quel momento, mi ritrovo davanti ad un agente che controlla i miei requisiti per entrare in Bolivia.
Esce dal suo gabbiotto e si mette in piedi di fronte a me.
Gli do il mio passaporto.
Inizia a studiarselo e dentro di me batteva il cuore a mille perchè nella borsa avevo le foglie di coca, il mio rimedio contro gli effetti dell’altitudine.
Qualcuno mi aveva detto che non era permesso portarle oltre il confine.
Ma quella mattina proprio me ne ero scordata e avevo il terrore che lo scoprisse.
Fortunatamente non lo venne a sapere ed io proseguii lungo la strada.

Il lato boliviano
Pur essendo davvero a pochi metri dal Perù, mi sono ritrovata come in un luogo totalmente differente.
Le strade e le case abbadonate a se stesse, sintomo di una povertà ancor più dilagante di quanto non avessi visto fino a poco prima.
Quel giorno, in occasione delle elezioni, le strade erano quasi deserte fuori dalla città. Molti siti, negozi ed attività erano chiusi e non era molto raccomadabile trovarsi in luoghi dove i manifestanti potevano insorgere.
La cosa che mi è rimasta più impressa è come da questo lato del confine non ci sia stata gente.
Nessun ambulante, nessun lavoratore, nessuno che riempiva le strade.
Come se fossi in una città fantasma delineata solo da un gabbiotto e da un paio di poliziotti messi lì sulla linea d’asfalto che unisce due Stati.
Mi aspettavo un confine ben più marcato, più controllato, più restrittivo ed invece nulla di tutto questo, ma con un solo passo, da una parte all’altra, ho trovato un gap visibile ad occhio nudo.
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Tu prepara le valigie, al resto ci penso io!

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